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Cedolare stretta tra bonus e rincari

Primi dietrofront sulla cedolare secca degli affitti. Due forze contrarie iniziano, infatti, a farsi sentire: l’inflazione che spinge i contribuenti a lasciare la tassa piatta per poter aggiornare i canoni e l’impossibilità di cedere i bonus casa alle banche che li induce ad aumentare l’Irpef per potervi scaricare le detrazioni. Tra queste due forze, la più rilevante è il blocco del mercato dei crediti d’imposta. Secondo le stime dell’Ance, i bonus casa incagliati valgono 15 miliardi di euro. In questo scenario, revocare la cedolare e riportare i canoni sotto il prelievo Irpef è un rimedio artigianale. Non si tratta, però, di una soluzione per tutti. Al fattore tempo (decisivo) fa pari il problema cifre che spesso non quadrano: l’ammontare medio dei canoni su cui si applica la cedolare è poco superiore a 6 mila euro; l’investimento medio del superbonus a fine 2022, invece, è di 598 mila euro per i condomini e 113 mila euro per le villette. Significa che solo chi ha fatto lavori agevolati al 110% in condominio potrà costruirsi una capienza fiscale passando dalla cedolare all’Irpef.


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