Novità Fiscali

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Gestione delle proposte di transazione fiscale nelle procedure di composizione della crisi di impresa

L’Agenzia delle Entrate dedica la circolare n. 34/E del 29 dicembre 2020 alle procedure di composizione della crisi di impresa. Dopo l’entrata in vigore, lo scorso 3 dicembre 2020, della legge n. 159/2020 che ha convertito, con modificazioni, il decreto legge n. 125/2020 l’Amministrazione finanziaria si pronuncia sulle misure che hanno apportato modifiche agli articoli 180, 182-bis e 182-ter della legge fallimentare.
Scopo del documento è fornire un adeguato supporto agli operatori del settore, agli imprenditori e ai professionisti sui quali gravano pesantemente anche le conseguenze della crisi epidemiologica da Covid-19 in corso.
La circolare intende fornire nuove istruzioni agli Uffici in materia di valutazione delle proposte di trattamento del credito tributario presentate dai contribuenti, nonché indicazioni in ordine ai rapporti con i rappresentanti dell’imprenditore in stato di crisi e con il Commissario giudiziale. Nel documento trovano spazio anche le indicazioni in merito alla c.d. ‘finanza esterna’ e al trattamento riservabile ai ‘creditori strategici’.

    1. INQUADRAMENTO NORMATIVO

L’Agenzia delle Entrate fornisce precisazioni in riferimento agli istituti della transazione fiscale, dell’accordo di ristrutturazione e del concordato preventivo.

L’Istituto della transazione fiscale

Con il tempo la ratio della transazione fiscale si è evoluta. Nata per tutelare gli interessi erariali e l’azione amministrativa, è finita per contemperare i predetti interessi con la salvaguardia della continuità aziendale e dei posti di lavoro. Le finalità dell’istituto sono caratterizzate dall’intento di trovare soluzioni condivise tra gli operatori economici e il Fisco al fine di consentire un equo contemperamento tra gli interessi dei primi e quelli erariali.
La circolare – sinteticamente – riporta l’evoluzione della disciplina relativa alla transazione fiscale.
Oggi la transazione fiscale costituisce un accordo ‘transattivo’ tra Fisco e contribuente, collocato nell’ambito del concordato preventivo e degli accordi di ristrutturazione, che consente il pagamento in misura ridotta e/o dilazionata del credito tributario privilegiato, oltre che di quello chirografario.

Nell’ordinamento tributario l’istituto della transazione fiscale ha consentito un parziale superamento del principio di indisponibilità del credito erariale. In origine la transazione era ammessa per i soli tributi iscritti a ruolo e trovava giustificazione nell’esigenza di migliorare l’attività di riscossione dei tributi. Dal 2005 gli interventi legislativi susseguitisi hanno invece cercato di salvaguardare le attività economiche ed i livelli occupazionali, potenziando gli strumenti di risoluzione concordata della crisi di impresa ed introducendo nella legge fallimentare gli accordi di ristrutturazione dei debiti ed il nuovo istituto della transazione fiscale previsto dall’articolo 146 Dlgs 9 gennaio 2006 n. 5.
Il legislatore ha voluto così allinearsi agli altri Paesi membri della Ue introducendo una nuova disciplina concorsuale per regolamentare le insolvenze e semplificare le procedure esistenti. Il tutto al fine di preservare, ove possibile, l’esistenza dell’impresa e tutelare i creditori. Le leggi che si sono succedute dal 2006 hanno avuto il comun denominatore di favorire la conservazione dell’impresa e con essa dei posti di lavoro enfatizzando, al contempo, il ruolo, gli obblighi e le responsabilità dei professionisti incaricati di attestare la veridicità dei dati aziendali alla base del piano di risanamento.

L’accordo di ristrutturazione del debito

Con l’accordo di ristrutturazione del debito gli imprenditori in possesso dei requisiti di fallibilità possono far fronte ad uno stato di difficoltà. Questo istituto consente all’imprenditore in stato di crisi di concordare con i creditori, che rappresentino almeno il 60% del totale, le modalità con le quali riportare l’attività aziendale in condizioni di normalità. I creditori non aderenti all’intesa devono, tuttavia, essere soddisfatti integralmente./p>

Perfezionato l’accordo con i creditori, l’imprenditore deve depositare la documentazione e chiederne l’omologazione al Tribunale. Alla domanda di omologa va allegata la relazione del professionista che attesta la veridicità dei dati aziendali e l’attuabilità dell’accordo stesso come pure l’integrale pagamento dei creditori estranei. L’accordo viene pubblicato nel Registro delle imprese e diventa efficace dal giorno della sua pubblicazione. Da questo momento e per 60 giorni i creditori per titolo e causa anteriori alla data di pubblicazione non possono avviare o proseguire azioni cautelari o esecutive sul patrimonio del debitore, né acquisire, se non concordati, titoli di prelazione. Entro 30 giorni da detta pubblicazione, inoltre, i creditori possono proporre opposizioni e il Tribunale, decise queste ultime, procede all’omologazione in camera di consiglio con decreto motivato.

Il debitore può chiedere che il dies a quo del divieto di iniziare o proseguire azioni cautelari o esecutive inizi a decorrere già durante l’espletamento delle trattative. Tale istanza deve essere pubblicata nel Registro delle imprese. In questo modo diventa operativo il divieto di avviare o proseguire azioni esecutive e cautelari, nonché di acquisire, coattivamente, titoli di prelazione. Dopo aver verificato la completezza della documentazione depositata, il Tribunale fissa con decreto l’udienza entro il termine di 30 giorni dal deposito dell’istanza, disponendo la comunicazione ai creditori della documentazione stessa. Nel corso dell’udienza, riscontrata la sussistenza dei presupposti per pervenire a un accordo di ristrutturazione dei debiti, dispone con decreto motivato il divieto di avviare o proseguire le azioni cautelari o esecutive e di acquisire titoli di prelazione se non concordati, assegnando un termine di non oltre 60 giorni per il deposito dell’accordo di ristrutturazione e della relazione redatta dal professionista. Espletato tale adempimento, inizierà l’iter di omologa dell’accordo.

In base all’articolo 182-bis della Legge Fallimentare (modificato dal Dl n. 125/2020) il Tribunale può omologare l’accordo anche in caso di ‘mancanza di adesione’ da parte dell’Amministrazione finanziaria, quando l’adesione medesima è decisiva ai fini del raggiungimento della percentuale minima di consensi. Il Tribunale è chiamato a valutare, anche sulla base della relazione del professionista, se la proposta di soddisfacimento delle posizioni creditorie del fisco sia maggiormente conveniente rispetto all’alternativa liquidatoria.

Il concordato preventivo

Il concordato preventivo è una procedura concorsuale che può essere utilizzata sia per superare lo stato di crisi (concordato in continuità) sia ai fini liquidatori (concordato liquidatorio). Si basa sull’approvazione della proposta del debitore da parte dei creditori.
A differenza dell’accordo di ristrutturazione il concordato preventivo:

      • è vincolante per tutti i creditori, compresi i dissenzienti;
      • consente di mantenere impregiudicati i diritti dei creditori nei confronti dei coobbligati, dei fideiussori del debitore e degli obbligati in via di regresso.

La domanda di accesso alla procedura di concordato preventivo va proposta con ricorso al Tribunale del luogo in cui l’impresa debitrice ha la sede principale. Il ricorso deve essere sottoscritto dal debitore o, se si tratta di impresa collettiva, dal legale rappresentante. Unitamente al ricorso il debitore deve presentare: una relazione, aggiornata, sulla situazione patrimoniale, economico e finanziaria dell’impresa; uno stato analitico ed estimativo delle attività, l’elenco nominativo dei creditori, dei titolari di diritti reali o personali su beni di proprietà o in possesso del debitore; il valore dei beni e i creditori particolari degli eventuali soci illimitatamente responsabili; un piano contenente la descrizione analitica delle modalità e dei tempi di adempimento della proposta.
Al piano e alla relativa documentazione va associata una relazione del professionista che attesti la veridicità dei dati aziendali e la fattibilità del piano medesimo.
In caso di continuazione dell’attività aziendale il piano deve contenere anche un’analitica indicazione di costi e ricavi attesi dalla prosecuzione dell’attività, delle risorse finanziarie necessarie e delle relative modalità di copertura; al professionista spetta il compito di attestare con una relazione che la prosecuzione dell’attività prevista dal piano di concordato è funzionale al miglior soddisfacimento dei creditori.

La domanda di concordato va pubblicata nel Registro delle imprese entro il giorno successivo al deposito. Da tale momento:

      • i creditori non possono iniziare o proseguire né azioni esecutive né azioni cautelari contro il patrimonio del debitore;
      • si sospende il computo della prescrizione e le decadenze non si verificano;
      • i creditori non possono acquisire diritti di prelazione, se non autorizzati dal giudice;
      • le ipoteche giudiziali iscritte nei 90 giorni che precedono la pubblicazione del ricorso nel Registro delle imprese sono inefficaci rispetto ai creditori il cui titolo si sia formato anteriormente al concordato.

Nel periodo intercorrente tra il deposito della domanda e il decreto di ammissione, il debitore potrà compiere tutti gli atti di ordinaria amministrazione per la gestione dell’impresa, nonché gli atti urgenti di straordinaria amministrazione autorizzati dal Tribunale.

Qualora il ricorso venga considerato ammissibile, il Tribunale decreta l’apertura della procedura di concordato preventivo e conseguentemente:

      • individua il giudice delegato;
      • ordina la convocazione dei creditori non oltre 120 giorni dal provvedimento di ammissione e stabilisce il termine entro cui effettuare la comunicazione per la loro adunanza;
      • nomina il Commissario Giudiziale;
      • stabilisce il termine, non superiore a 15 giorni, entro il quale il ricorrente deve depositare nella cancelleria del Tribunale il 50% delle spese necessarie per l’intera procedura, ovvero la minor somma determinata dal giudice, comunque non inferiore al 20% della spesa;
      • ordina al ricorrente di consegnare al Commissario Giudiziale, entro 7 giorni, una copia informatica o su supporto analogico delle scritture contabili e fiscali obbligatorie.

Al Commissario Giudiziale spetta il compito di redigere l’inventario del patrimonio del debitore come pure una relazione particolareggiata sulle cause del dissesto, sulla condotta del debitore, sulle proposte di concordato e sulle garanzie offerte ai creditori. Tale relazione deve essere depositata in cancelleria almeno 45 giorni prima dell’adunanza dei creditori. In questo documento il Commissario deve illustrare le utilità che, in caso di fallimento, possono essere apportate dalle azioni risarcitorie, recuperatorie o revocatorie che potrebbero essere promosse nei confronti di terzi. Con una relazione integrativa il Commissario è tenuto a pronunciarsi anche in merito alle eventuali proposte concorrenti; la stessa va depositata in cancelleria e comunicata ai creditori almeno 10 giorni prima dell’adunanza. Questa relazione contiene, di regola, una particolareggiata comparazione tra tutte le proposte depositate.

In sede di adunanza il Commissario Giudiziale illustra la sua relazione e la proposta definitiva del debitore. La proposta deve essere approvata dalla maggioranza dei crediti ammessi al voto e, qualora siano previste diverse classi di creditori, la maggioranza va calcolata anche sul numero delle classi. Dopo l’approvazione dei creditori segue l’omologazione del Tribunale. In caso contrario, il Tribunale dichiara inammissibile la proposta di concordato e dichiara il fallimento del debitore. L’omologazione del giudice deve avvenire entro 9 mesi dalla presentazione del ricorso.

Per approvare il piano proposto dal ricorrente il Dl 125/2020 ha modificato l’articolo 180, quarto comma, della Legge Fallimentare disponendo la possibilità per il Tribunale di omologare il concordato preventivo anche in caso di ‘mancanza di voto’ da parte dell’Amministrazione finanziaria quando:

      1. l’adesione è determinante ai fini del raggiungimento delle maggioranze richieste;
      2. la proposta di soddisfacimento dei crediti della predetta amministrazione appaia, anche sulla base delle risultanze della relazione del professionista, più conveniente rispetto all’alternativa liquidatoria;

Al Commissario Giudiziale spetta poi il compito di controllare che l’esecuzione del piano avvenga nei termini previsti e, in caso di inadempimento del debitore, deve informarne il Tribunale. Ciò deve avvenire, in particolare, qualora lo stesso Commissario accerti che: il debitore ha occultato parte dell’attivo; ha dolosamente omesso uno o più crediti; commesso frodi o esposto passività insussistenti. Notiziare il Tribunale di questi eventi consente di dare avvio al procedimento che porta alla revoca del concordato. Il Tribunale provvede con decreto e dichiara il fallimento del debitore con contestuale sentenza.

    1. IL RUOLO DEL PROFESSIONISTA ‘ATTESTATORE’

Negli anni il Legislatore ha riconosciuto un ruolo sempre più rilevante al professionista ‘attestatore’ precisando le competenze tecniche e i requisiti che deve avere nonché i contenuti della relazione di attestazione. La ratio dell’attestazione è quella di tutelare terzi e creditori, soprattutto se estranei al piano di risanamento. Il ruolo dell’attestatore è determinante in quanto deputato a rafforzare la credibilità degli impegni assunti dal debitore mediante il piano che devono essere tesi al risanamento dell’impresa. La relazione di attestazione, in seguito alle modifiche del Dl 125/2020, è uno degli elementi di cui può avvalersi il Tribunale per omologare il concordato preventivo o l’accordo di ristrutturazione, anche in mancanza, rispettivamente, del voto o dell’adesione del Fisco.

Per esercitare la funzione attestativa è fondamentale il requisito dell’indipendenza ma anche il possesso di competenze professionali per le valutazioni prospettiche di convenienza e di sostenibilità del piano industriale o di risanamento. Il professionista attestatore svolge un ruolo centrale, da assolvere con rigore, competenza e trasparenza.

Il requisito dell’indipendenza

Il decreto Sviluppo (Dl n. 83/2012) ha introdotto il requisito dell’indipendenza dell’attestatore. Il professionista attestatore non deve essere legato all’impresa né da rapporti di natura personale, né da rapporti di natura professionale tali da comprometterne l’indipendenza di giudizio. L’indipendenza non può essere intesa in senso meramente formale ma assicurata dal punto di vista sostanziale. Solo così si garantisce l’autonomia di giudizio e l’indipendenza economica dell’attestatore rispetto al debitore. Per corroborare quest’ultimo principio è opportuno, ad esempio, che il compenso per l’attestatore sia determinato al momento dell’accettazione dell’incarico e la sua corresponsione sia precisamente calendarizzata.
L’indipendenza può essere messa in discussione in presenza di eventuali accordi negoziali che subordinano il pagamento del corrispettivo al rilascio di un giudizio positivo del piano o all’intervenuta omologa del Tribunale. È bene ricordare che l’asseverazione del professionista è una prestazione di mezzi e non di risultato, dunque, è incompatibile con la presenza di premi di risultato.

Le conseguenze del mancato rispetto del requisito dell’indipendenza

Qualora nel corso del procedimento per l’ammissione al concordato preventivo o di omologazione dell’accordo il Tribunale accerti il difetto del presupposto dell’indipendenza, nonostante il professionista abbia rilasciato l’attestazione, oltre alle conseguenze civili e penali che ricadono sull’accertatore, viene minata la legittimità della procedura compositiva. Se la mancanza dell’indipendenza emerge in sede di ammissione al concordato preventivo o di omologazione dell’accordo, la relazione di attestazione potrà essere invalidata dal giudice e dichiarata priva di efficacia. Anche attraverso l’impugnazione del decreto di omologazione potrà essere rilevata l’assenza dell’indipendenza. Se gli Uffici venissero a conoscenza della mancanza di questo requisito in capo all’attestatore, dovranno segnalarlo al Tribunale ignorando il contenuto della proposta.

Le attività propedeutiche all’attestazione

La relazione di attestazione deve contenere un nucleo minimo di riscontri ed informazioni. La circolare elenca sinteticamente gli elementi che la predetta relazione deve contenere. L’attestatore, in primis, è chiamato a verificare la veridicità dei dati aziendali. L’eventuale presenza di presidi finalizzati al controllo interno e all’individuazione di rischi aziendali costituisce un elemento atto a favorire il giudizio di attendibilità dei dati contenuti nel piano di attestazione. Tale attività richiede un’analisi dei dati contabili dell’azienda ma non basta. L’attestatore deve vagliare la veridicità dei dati raccolti nel piano, di quelli contenuti nella documentazione allegata allo stesso e degli elementi necessari alla sua predisposizione. La validazione delle informazioni patrimoniali, economiche e finanziarie, che rappresentano i dati di partenza del programma di risanamento o liquidazione, rappresenta una forma di garanzia volta ad attestare che le stesse siano attendibili ed in grado di fornire un quadro fedele della situazione aziendale. Nella relazione di attestazione dovranno trovar posto tutti i riscontri effettuati. In merito alla fattibilità tecnico-finanziaria del piano, un passaggio centrale è rappresentato dalla diagnosi delle cause della crisi di impresa. L’attestatore, basandosi sul contenuto del piano sottoposto al suo giudizio, dovrà accertare che i fattori di criticità siano stati individuati e che sia possibile superarli.

La relazione di attestazione deve indicare gli strumenti diagnostici utilizzati per evidenziare la crisi, perché solo una corretta diagnosi consente di valutare se la strategia proposta nel piano possa essere efficace.
Sulla fattibilità del piano ha fondamentale importanza la sussistenza di specifiche analisi condotte dall’attestatore sulle ipotesi poste a fondamento della strategia di risanamento. Ipotesi evidenziate nel piano medesimo. Qualora sia prevista la liquidazione del patrimonio aziendale la relazione deve illustrare il metodo utilizzato per stimare il valore di realizzo dei cespiti. Se, invece, i piani prevedono la continuazione dell’attività di impresa va verificato che l’action plan predisposto dal management specifichi le condizioni per la sua attuazione. Particolare attenzione deve essere posta a quelle situazioni in cui i risultati prospettati siano migliori di quelli storicamente conseguiti o, addirittura, superiori. In questi casi l’attestatore è chiamato a corroborare la realisticità delle ipotesi formulate.

    1. VALUTAZIONE DELLA PROPOSTA DI TRATTAMENTO DA PARTE DELL’UFFICIO

Il Legislatore ha previsto che il Tribunale può omologare il concordato preventivo o l’accordo di ristrutturazione pur in mancanza, rispettivamente, del voto o dell’adesione dell’Amministrazione finanziaria. Ciò, quando ritenga che, sulla base delle risultanze della relazione del professionista attestatore, la proposta dell’imprenditore sia migliorativa rispetto all’ipotesi liquidatoria. Assume quindi particolare rilevanza la relazione di attestazione che quando ricomprende le informazioni necessarie è in grado di far acquisire agli Uffici indicazioni finalizzate a garantire un approccio uniforme all’attività di valutazione delle proposte di trattamento dei crediti tributari.

Le valutazioni da svolgere nel concordato preventivo

Dalla relazione del professionista, previamente attestata, deve emergere che la proposta concordataria sia maggiormente satisfattiva dei crediti tributari e previdenziali, all’esito della comparazione tra il pagamento proposto con la domanda di concordato e quanto ricavabile nell’alternativa liquidatoria. A tal fine l’attestazione dovrà tener conto anche del maggior apporto patrimoniale generato dagli investimenti in caso di continuità aziendale o dall’esito dell’attività liquidatoria. Il Commissario Giudiziale è tenuto a valutare la proposta formulata e il piano, nonché la loro convenienza rispetto all’ipotesi liquidatoria. Nel caso in cui il Commissario formuli un giudizio positivo sulla proposta di concordato, l’eventuale diniego dell’Ufficio dovrà essere adeguatamente motivato sulla base di elementi chiari, oggettivi e verificabili.

Le valutazioni da svolgere per gli accordi di ristrutturazione

Nel caso degli accordi di ristrutturazione, a seguito delle modifiche apportate dal decreto legge n. 125/2020, l’attestazione del professionista deve riguardare non solo la veridicità dei dati aziendali e l’attuabilità dell’accordo, ma anche la convenienza del trattamento proposto rispetto all’alternativa liquidatoria. Di fatto il professionista effettua una valutazione comparativa simile a quella prevista per il concordato preventivo.

Il giudizio di manifesta inattendibilità

Sia nel concordato preventivo che nell’accordo di ristrutturazione dei debiti gli Uffici, oltre ad operare un confronto con gli altri creditori per verificare il rispetto del divieto di trattamento deteriore dell’erario, al fine di valutare la proposta di transazione fiscale, sono chiamati ad esaminare il requisito della maggior convenienza economica di tale proposta rispetto all’alternativa liquidatoria. L’Ufficio deve pertanto confrontare l’importo che l’erario può percepire sulla base della proposta e quello realizzabile con la liquidazione giudiziale dell’impresa.
Nel formare il proprio convincimento gli Uffici dovranno far riferimento agli elementi esposti nel piano attestato dal professionista indipendente e, nel caso di concordato preventivo, anche a quanto attestato e verificato dal Commissario Giudiziale, potendo disattenderne le rispettive risultanze solo allorquando le ritengano manifestamente non attendibili o non sostenibili. In tal caso gli Uffici devono motivare il giudizio di manifesta inattendibilità o insostenibilità elencando i dati e le prospettazioni contenute nel piano ritenuti non attendibili. Gli esiti delle valutazioni devono essere comunicati al contribuente per consentire di esaminare le criticità rilevate.
Qualora in sede di esame della documentazione esibita a supporto delle proposte dovessero emergere carenze o criticità, gli Uffici dovranno confrontarsi al più presto con il contribuente per pervenire ad una soluzione condivisa. L’eventuale contestazione del piano del professionista attestatore deve basarsi su elementi che ne dimostrino la manifesta infondatezza.

La condotta del contribuente

Il contribuente non deve tenere una condotta che possa inficiare o pregiudicare la valutazione della convenienza della proposta di trattamento del credito.

Attività distrattive o decettive

Le attività distrattive o decettive del contribuente possono influenzare l’iter di valutazione della proposta. Queste, da un lato incidono sulla veridicità dei dati relazionati, dall’altro causano una sottostima delle attività, una loro sottrazione fraudolenta, o una sovrastima delle passività. Potrebbe accadere che prima di attivare le procedure di composizione della crisi il contribuente abbia simulato la cessione di asset aziendali, compiuto atti liberali come la remissione del debito, perfezionato operazioni di riorganizzazione aziendale per trasferire nel proprio patrimonio personale poste dell’attivo, utilizzato fatture per operazioni inesistenti al fine di creare costi a carico dell’impresa. Tali condotte saranno segnalate alle autorità competenti; in caso di concordato preventivo al Commissario Giudiziale che potrà attivare il procedimento di revoca.

Precedenti fiscali del contribuente

In genere i precedenti fiscali del contribuente non sono esaminati in sede di valutazione della proposta. Tuttavia, eventuali condotte riconducibili ad una sistematica e deliberata violazione di obblighi fiscali, pur non assumendo autonoma rilevanza, dovranno rientrare nell’ambito di valutazione della proposta.

Fattispecie di frode

<p’>In caso di condotte frodatorie o fraudolente sarà necessario, in sede di valutazione della proposta di trattamento del credito tributario, ampliare l’ambito oggettivo delle attività di valutazione da porre in essere, che non dovranno limitarsi ad analisi di tipo campionario, poiché la gravità dei comportamenti pregressi deve portare a ritenere le esigenze di tutela dell’interesse erariale prevalenti rispetto alla speditezza della procedura.
Nel caso, ad esempio, di un contribuente già protagonista di schemi fraudolenti basati sull’utilizzo di fatture per operazioni inesistenti ricevute da soggetti non residenti, che propone un piano di risanamento basato sulla presenza di finanza proveniente da uno Stato estero, gli Uffici dovranno assicurarsi che il soggetto finanziatore non sia collegato alla precedente frode né riconducibile alla sfera soggettiva del contribuente, perché vi è il pericolo che il dissesto possa essere sanato con disponibilità di origine delittuosa.
In questi casi gli Uffici devono, attraverso complesse procedure di cooperazione amministrativa in ambito internazionale, effettuare ponderate valutazioni che potrebbero non corrispondere alle esigenze di celerità della procedura di composizione della crisi di impresa.
In ogni caso i provvedimenti di accoglimento o diniego devono essere assunti e motivati in ordine alla maggiore o minore convenienza economica della stessa.

Il ruolo della finanza esterna

Sia in caso di concordato preventivo che di accordo di ristrutturazione la presenza di finanza esterna, ossia di risorse economiche esterne all’imprenditore, è particolarmente importante in sede di verifica della convenienza della proposta di transazione fiscale. Parliamo di disponibilità finanziarie estranee al patrimonio dell’impresa in crisi che possono essere utilizzate per il soddisfacimento delle pretese creditorie. Tali risorse esterne sono indissolubilmente legate alla risoluzione concordata della crisi e non possono essere in caso di mancato raggiungimento dell’accordo.

Il fattore temporale nella dilazione del debito tributario e le percentuali di ristoro

In merito al fattore temporale nella dilazione del debito tributario nell’ambito del concordato preventivo, non è consigliabile affidarsi a schemi generalizzati, piuttosto occorre prestare attenzione ad ogni fattispecie. Se da una parte un maggior orizzonte temporale incrementa l’aleatorietà della stima, in taluni casi potrebbe giocare a favore. Pensiamo ai casi in cui l’azienda ha stipulato contratti attivi di lunga durata o ha da poco avviato la commercializzazione di un bene tutelato da un brevetto registrato che garantirà diritti di esclusiva o, ancora, ad imprese titolari di licenze e concessioni la cui utilità economica è destinata a durare nel tempo.

La varietà delle situazioni realizzabili fa sì che nessuna tempistica debba, aprioristicamente, ritenersi accettabile o inaccettabile poiché molti fattori come l’entità del debito, l’economicità dell’offerta, l’expertise e il know-how dell’impresa potrebbero consentire di valutare positivamente anche proposte di pagamento dilazionate su archi temporali molto dilatati.
L’Ufficio dovrà valutare la probabilità di successo del progetto di risanamento presentato. È bene evitare che il raggiungimento dell’intesa sia subordinato al rispetto di tempistiche e modalità di adempimento particolarmente onerose per il contribuente che potrebbero essere impossibili da rispettare. A tal fine è preferibile considerare i flussi di cassa in entrata dell’impresa in crisi.

Nel valutare il piano di pagamento gli Uffici dovranno considerare il lasso temporale per l’assolvimento del debito tributario che può essere caratterizzato da un rateizzazione in dieci esercizi o da una percentuale di ristoro.
In merito all’accordo di ristrutturazione non possono considerarsi automaticamente ostative eventuali clausole volte ad estendere gli effetti remissori della transazione a favore dei coobbligati. Potranno essere valutate le proposte contenenti clausole che estendono a soci illimitatamente responsabili gli effetti dell’accordo di ristrutturazione.

    1. I CREDITORI STRATEGICI

Nel concordato preventivo trova applicazione il principio del trattamento non deteriore per l’erario. Tale principio vale anche nell’ambito dell’accordo di ristrutturazione dei debiti. Le uniche ipotesi in cui può riconoscersi, eccezionalmente, un trattamento deteriore per l’erario, sono quelle caratterizzate dalla presenza di creditori ‘a valenza strategica’.
Nelle procedure di gestione della crisi di impresa la legge fallimentare ammette un trattamento preferenziale in favore dei ‘creditori strategici’ ritenuti tali in funzione dell’imprescindibilità del loro apporto ai fini della continuità aziendale. La strategicità del creditore dovrà essere giustificata sulla base di elementi oggettivi e concreti.

  1. CONCLUSIONI

La crisi dovuta al Covid-19 potrebbe dar luogo ad un uso maggiore degli istituti volti alla definizione concordata della crisi d’impresa e, in particolare, agli accordi di ristrutturazione ed ai concordati preventivi.


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