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Aumentano le sanzioni per società, ditte individuali e professionisti privi di Pec



L’articolo 37 del decreto Semplificazioni (Dl 16 luglio 2020 n. 76), convertito in legge lo scorso 10 settembre, dispone l’obbligo per i professionisti di comunicare ai rispettivi Ordini professionali o collegi il proprio domicilio digitale e di farlo entro il 1°ottobre 2020.

L’adempimento investe anche le imprese già costituite in forma societaria che, se prive, sono tenute ad iscrivere al registro imprese il domicilio digitale, valido ed attivo.

Parliamo, per chiarezza, dell’indirizzo di posta elettronica certificata (Pec), ma in senso più ampio perché nel concetto di domicilio digitale, oltre alla Pec, sono compresi i servizi elettronici recapito certificato qualificato (Sercq) i quali ultimi attendono la normativa tecnica di attuazione a livello comunitario.

 

Le misure contenute nel presente decreto hanno lo scopo di semplificare e favorire le comunicazioni telematiche tra imprese, professionisti e pubbliche amministrazioni rafforzando l’utilizzo della Pec come strumento principale di comunicazione per determinate procedure amministrative e incrementando le sanzioni in caso di inottemperanza

 

I dati dicono, infatti, che nonostante l’obbligo di inscrivere nel registro delle imprese un indirizzo Pec sia stato introdotto nel 2008 per le società e nel 2012 per le imprese individuali, ad oggi circa 1,7 milioni di imprese non è dotato di un indirizzo Pec regolarmente iscritto, valido ed attivo. La novità è che ora viene prevista una sanzione amministrativa che prenderà il posto della ‘sospensione’, del tutto inefficace

Entro il 1°ottobre, dunque, le società prive di un indirizzo attivo dovranno mettersi in regola perché in caso contrario saranno soggette alla sanzione prevista dall’articolo 2630 del Codice civile in misura raddoppiata. Per le ditte individuali, invece, la sanzione ex articolo 2194 del Codice civile è triplicata. Gli importi delle sanzioni, per ciascun soggetto obbligato, vanno da un minimo di 206 a un massimo di 2.064 euro per le società (412 euro se pagate in forma ridotta entro 90 giorni) e da un minimo di 30 euro a un massimo di 1.548 euro per le imprese individuali (60 euro se pagate in forma ridotta entro 90 giorni).

 

Il decreto prevede sanzioni anche nei casi di domini digitali inattivi che si hanno, ad esempio, quando non è stato rinnovato il servizio con il gestore. Il consiglio è quello di sanare il prima possibile l’eventuale mancanza. Il Conservatore dell’ufficio del registro delle imprese che rileva, anche a seguito di segnalazione, un domicilio digitale inattivo, chiede alla società di provvedere all’indicazione di un nuovo domicilio digitale entro il termine di 30 giorni. Decorso tale periodo senza che vi sia stata opposizione da parte della stessa società, scatta il regime sanzionatorio e il Conservatore procede con propria determina alla cancellazione dell’indirizzo dal registro delle imprese avviando la procedura che prevede l’assegnazione d’ufficio di un nuovo e diverso domicilio digitale che sarà reso disponibile tramite il Cassetto digitale dell’imprenditore, ma per la sola ricezione dei documenti. Sull’impresa che ometterà di accedere al domicilio digitale graverà il rischio di vedersi comunque notificati atti e documenti provenienti da pubbliche amministrazioni e da privati.

Contro il provvedimento del Conservatore è ammesso reclamo al giudice del registro di cui all’articolo 2189 c.c..

Il professionista che non comunica il proprio domicilio digitale all’albo o elenco di appartenenza è obbligatoriamente soggetto a diffida ad adempiere, entro 30 giorni, da parte dello stesso Collegio o Ordine. In caso di mancata ottemperanza alla diffida, il Collegio o Ordine commina la sanzione della sospensione dal relativo albo o elenco fino all’avvenuta comunicazione. L’omessa pubblicazione dell’elenco riservato, il rifiuto reiterato di comunicare alle pubbliche amministrazioni i dati previsti ovvero la reiterata inadempienza dell’obbligo di comunicare al RegInde ed al portale Ini-pec l’elenco dei domicili digitali ed il loro aggiornamento costituiscono motivo di scioglimento e di commissariamento del collegio o dell’ordine inadempiente.

articolo a cura di Ugo Cacaci