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Cessazione del ramo d’azienda: via libera alla deducibilità dell’avviamento



24 giugno 2021 – ore 20:00
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Con la risposta a interpello n. 429 del 23 giugno 2021 l’Agenzia delle Entrate ha chiarito che in caso di cessazione del ramo d’azienda l’avviamento residuo è deducibile come sopravvenienza passiva e non è possibile dedurne ‘per diciottesimi’ il valore fiscale.

La società istante nel 2015 ha acquistato la proprietà del ramo di un’azienda che svolgeva attività di prenotazioni alberghiere on-line. Attraverso l’utilizzo di una piattaforma informatica metteva in contatto strutture ricettive e clienti.

Nel 2020 la concorrenza dei portali internazionali e il lockdown per il Covid-19 hanno indotto la società a cessare l’operatività del portale al fine di evitare di generare ulteriori perdite.

La chiusura ha comportato la necessità di azzerare il valore residuo di avviamento che ha determinato la rilevazione in contabilità di una perdita infrannuale per la quale la società è stata costretta ad effettuare un intervento di ricapitalizzazione.

La società rileva che la cessazione del ramo di azienda a cui era legato il valore di avviamento, ai fini civilistici, ha implicato l’azzeramento del valore di avviamento residuo e l’emersione nel bilancio civilistico di una sopravvenienza passiva in merito alla quale chiede chiarimenti circa il trattamento fiscale.

La cessazione dell’azienda o di un suo ramo rappresenta un momento delicato e non indolore perché determina la chiusura dell’attività e, in un certo senso, il suo fallimento.

L’avviamento viene descritto dall’Oic 24 come ‘l’attitudine di un’azienda a produrre utili che derivano o da fattori specifici che, pur concorrendo positivamente alla produzione del reddito ed essendosi formati nel tempo in modo oneroso, non hanno un valore autonomo, ovvero da incrementi di valore che il complesso di beni aziendali acquisisce rispetto alla somma dei valori dei singoli beni, in virtù dell’organizzazione delle risorse in un sistema efficiente’.

Il Codice civile iscrive l’avviamento tra le immobilizzazioni immateriali, nell’attivo dello stato patrimoniale, alla voce BI 5).

Per poter iscrivere l’avviamento tra le immobilizzazioni immateriali è necessario, tuttavia, che siano soddisfatte una serie di condizioni. Vediamole:

  • l’avviamento è acquisito a titolo oneroso;
  • l’avviamento ha un valore quantificabile in quanto incluso nel corrispettivo pagato;
  • l’avviamento è costituito all’origine da oneri e costi ad utilità differita nel tempo, che garantiscono benefici economici futuri;
  • è soddisfatto il principio della recuperabilità del relativo costo.

Come già affermato la cessione di un’azienda o di un ramo di azienda decreta la fine delle attività da essa svolte.

Qualora i beni dell’azienda non siano stati interamente ammortizzati, la dismissione comporta la rilevazione di una sopravvenienza passiva per la parte del costo storico non ammortizzato che ha rilevanza sul piano fiscale ai sensi dell’art. 101, comma 4, del Tuir.

Il soggetto istante con l’interpello chiede di conoscere il corretto trattamento fiscale dell’avviamento iscritto in bilancio, avendo cessato l’attività nel 2020 a sua volta acquistata nel 2015.

L’Amministrazione finanziaria chiarisce che ‘la sopravvenienza passiva derivante dalla eliminazione dell’avviamento poiché rappresenta la sopravvenuta insussistenza di attività iscritte in bilancio in precedenti esercizi diverse da quelle di cui all’art. 87, concorra alla determinazione del reddito – nei limiti del valore fiscale non ammortizzato del bene ai sensi dell’articolo 101, comma 4, del Tuir.

Al caso prospettato non si applicano le conclusioni della circolare n. 8/E/2010 nella quale l’avviamento non era oggetto di trasferimento e il soggetto conferente continuava, pertanto, a dedurre ‘per diciottesimi’ il valore fiscale.

Ugo Cacaci