Crisi d’impresa: via libera al concordato preventivo e alla ristrutturazione del debito senza l’adesione del fisco e degli enti di previdenza e assistenza
Un emendamento al decreto legge sullo stato di emergenza Covid-19 (Dl n. 125/2020), approvato dalla commissione Affari costituzionali del Senato ed ora all’esame della Camera, è intervenuto sulla legge fallimentare (rd 267/1942) prevedendo misure che miglioreranno sensibilmente i criteri già previsti dal nuovo Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza la cui entrata in vigore è slittata al 1°settembre 2021.
L’emendamento interviene direttamente sulla legge fallimentare introducendo una nuova versione della transazione fiscale e previdenziale. Prevede che il tribunale può omologare il concordato preventivo o l’accordo di ristrutturazione dei debiti anche in caso di mancata adesione da parte del fisco e degli enti di previdenza e assistenza quando la loro adesione è determinante per il raggiungimento delle maggioranze di cui all’articolo 177 legge fallimentare per l’approvazione del piano.
In merito agli accordi di ristrutturazione del debito, viene aggiunto un ulteriore periodo al quarto comma che di fatto consentirà al tribunale di omologare l’accordo anche in mancanza dell’adesione di Erario, Inps e Inail quando la stessa è necessaria per il raggiungimento delle percentuali di rappresentanza dei crediti. In ambo i casi sarà indispensabile una relazione sottoscritta dal professionista incaricato dal debitore che attesti la convenienza della proposta di soddisfacimento rispetto all’alternativa liquidatoria. Anche l’autorità giudiziaria dovrà sul punto esprimersi.
L’emendamento al Decreto legge n. 125, tuttavia, non assorbe un’altra delle novità del Codice, poi ritoccata dal decreto correttivo, quella che cristallizza i 90 giorni di tempo entro il quale l’Amministrazione finanziaria e quella previdenziale devono rispondere. Superati i 90 giorni il giudice può procedere all’omologazione. La versione finale dell’emendamento, a differenza di quella iniziale, non presenta più il limite rendendo più incerta la sorte delle transazioni inserite negli accordi di ristrutturazione, perché il Fisco e l’Inps potrebbero prendersi più tempo e di fatto non rispondere alle proposte di accordo. Ciò non potrà verificarsi, invece, nei concordati preventivi dove è il giudice a fissare il limite di tempo entro il quale i creditori devono fornire la risposta.
La novella, in ogni caso, costituisce una vera rivoluzione in quanto l’Agenzia delle Entrate e gli enti di previdenza e assistenza non potranno più condizionare l’esito dei percorsi di ristrutturazione delle imprese in crisi poiché i crediti stralciati varranno anche ai fini del calcolo delle maggioranze necessarie all’omologazione delle procedure attivate dal debitore.
L’emendamento al Dl 125/2020 abroga il decreto interministeriale 4 agosto 2009 relativo alle modalità di applicazione, criteri e condizioni di accettazione da parte degli enti previdenziali degli accordi sui crediti contributivi. In base a questo decreto, in pratica, l’Inps era costretto a rifiutare le transazioni nei casi in cui gran parte dei debiti non veniva pagata integralmente.
La nuova misura su concordati e ristrutturazione debiti entrerà in vigore non appena il decreto legge sullo stato di emergenza Covid-19 entrerà in vigore e le norme troveranno applicazione anche nelle procedure pendenti e nei procedimenti non ancora omologati.
Al professionista spetterà il compito di dimostrare che i beni gravati da privilegio non bastano a pagare integralmente il credito garantito. Nella perizia dovrà sostanzialmente emergere la convenienza del trattamento proposto rispetto all’alternativa della messa in liquidazione dell’impresa.
Ugo Cacaci