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Decreto legge Sostegni: le misure fiscali



21 marzo 2021 – ore 16.30
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Il Consiglio dei ministri che ha approvato il decreto legge Sostegni è slittato di quasi 3 ore e mezzo per consentire alla maggioranza di trovare il compromesso necessario al via libera. Oggetto del contendere sono stati il condono delle vecchie cartelle esattoriali o, come la definisce il leader della Lega, Matteo Salvini, la pace fiscale, e il blocco dei licenziamenti.

La sanatoria delle cartelle rappresenta un condono. Il premier Mario Draghi ne è consapevole e non lo nega, anche se avrebbe voluto farne a meno. Ma ha dovuto fare i conti con gli alleati interni, ossia Lega, M5S e Forza Italia. Il compromesso raggiunto, dopo una lunga e tormentata trattativa, ha dato luce ad una sanatoria che come ha detto l’ex presidente della Bce ‘avrà impatti molto limitati’ perché interessa coloro che hanno un reddito sotto i 30 mila euro.

Lo stralcio delle cartelle prevede un importo massimo di 5 mila euro che considerati interessi e sanzioni varie corrisponde ad un netto di 2.500 euro. La cancellazione riguarda il periodo dal 2000 al 2010 (e non al 2015 previsto inizialmente) e investe solo chi, nel 2019, come detto, ha avuto un reddito non superiore a 30 mila euro. Secondo i dati saranno 16 milioni i ruoli giacenti nel magazzino dell’Agenzia delle Entrate-Riscossioni (ex Equitalia) ad essere cancellati e non 61 milioni. Ossia il 75% in meno rispetto alla sanatoria in formato maxi inizialmente ipotizzata. La differenza è dovuta al calendario, che ha ristretto di 5 anni l’applicazione del condono, perché il tetto dei 30 mila euro fa fuori solo il 17% dei contribuenti interessati.

Nel corso della conferenza stampa il premier Draghi ha affermato che: ‘sulle cartelle lo Stato non ha funzionato. Ne ha permesso l’accumulo di milioni e milioni che non si possono esigere: bisogna cambiare qualcosa’. Dunque, nell’intesa raggiunta all’interno della maggioranza spunta anche una riforma della riscossione, del controllo e dello scarico delle cartelle. Intesa, scritta nero su bianco, nell’articolo 4 del decreto Sostegni. Entro 60 giorni il Governo deve presentare una regolazione sulla riforma della riscossione. L’obiettivo è scaricare il magazzino delle cartelle esattoriali ogni cinque anni e annullare i crediti di comprovata e verificata inesigibilità, in modo da avere più risorse da destinare alla lotta all’evasione.

Tra le misure fiscali trova posto anche la proroga – fino al 30 aprile – della sospensione delle attività di riscossione coattiva. L’Amministrazione finanziaria, in realtà, lo scorso 1°marzo aveva rimesso in moto, anche se a basso regime, la macchina delle notifiche consegnando a imprese e cittadini in debito con Fisco e Inps le cartelle sospese dall’8 marzo 2020 e quelle nuove emesse proprio dal 1°marzo. L’effetto beffa si è così concretizzato per chi avendo ricevuto la missiva verde del Fisco ha già provveduto a versare la pretesa e non potrà farsi restituire la cifra comprensiva di sanzioni ed interessi. Altri, più fortunati, vedono differito a dopo aprile, o magari più in là, il recapito delle cartelle. Il decreto Sostegni blocca anche le pretese del Fisco notificate negli ultimi 20 giorni.

Inoltre, per gli avvisi bonari da controllo automatizzato sui periodi di imposta 2017 e 2018 il decreto apre ad una definizione agevolata, con la possibilità di evitare il versamento di sanzioni e somme aggiuntive. Questo interessa i soggetti, titolari di partita Iva, che nel 2020 hanno subìto un calo del volume d’affari del 30% rispetto al 2019. La sanatoria sarà applicata d’ufficio dall’Agenzia delle Entrate che invierà gli avvisi bonari già ridotti ai soggetti in possesso dei requisiti di legge. I benefici sono esclusi se i pagamenti non avvengono per intero o si effettuano ma in ritardo. Anche l’omesso o ritardato versamento di una sola rata basta a far decadere dalla sanatoria. Nessuno sconto, dunque, sui controlli formali.

La norma prevede anche la proroga di un anno per la notifica delle cartelle derivanti dalla liquidazione delle dichiarazioni relative al 2019.

Tornando sullo stralcio delle vecchie cartelle esattoriali è bene precisare che questo non investe multe stradali, sanzioni per condanne penali, pagamenti di danni erariali e debiti per il recupero di aiuti di Stato.

Secondo i tecnici del Mef l’impatto dell’annullamento delle cartelle ha un costo sui conti pubblici pari a 666,3 milioni di euro, il 56% in meno rispetto alla proposta formulata inizialmente dalla componente di centro-destra della maggioranza. Nel conto trovano posto, in percentuale rilevante ( il 68%), anche coloro che avevano aderito alla rottamazione-ter e al saldo e stralcio e che erano in corso di riscossione. Il condono interrompe di fatto la riscossione di 451 milioni di euro.

Il decreto del Governo che stralcia le vecchie cartelle costituisce una misura tesa ad evitare che proprio nel corso della pandemia quelle esigibili gravino sui contribuenti più fragili, magari maggiormente provati dalla crisi economica conseguenza dell’epidemia. La questione delle cartelle esattoriali è vecchia. Risale al 1999 la legge che prevede che trascorsi tre anni l’Agenzia delle Entrate restituisce il ruolo, ossia il credito fiscale da esigere, al committente. L’ente creditore avrebbe dovuto cancellare il credito dai libri contabili e ‘ripulire’ il magazzino, ma non è avvenuto. Il termine dei tre anni è stato prolungato e nel tempo i crediti sono cresciuti. Oggi sappiamo che ben il 41% dell’imponente mole di 986,7 miliardi giacenti nel magazzino delle Entrate è costituito da crediti divenuti di fatto inesigibili perché collegati a imprese fallite, soggetti defunti o nullatenenti. È finalmente arrivato il tempo di fare pulizia.

a cura di Ugo Cacaci