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Decreto Ristori: proroga della Cassa integrazione, disposizioni in materia di licenziamento ed esonero dal versamento dei contributi previdenziali per i datori di lavoro che non richiedono la Cassa



Il decreto Ristori all’articolo 12 proroga per altre sei settimane la Cassa integrazione ‘Covid-19’. Sei settimane che devono essere collocate nel periodo ricompreso tra il 16 novembre 2020 e il 31 gennaio 2021. Queste costituiscono la durata massima che può essere richiesta con causale Covid-19. I periodi di integrazione in precedenza richiesti e autorizzati ai sensi dell’articolo 1 del decreto legge ‘Agosto’ convertito con modificazioni nella legge n. 126/2020 collocati, anche parzialmente, in periodi successivi al 15 novembre 2020 sono imputati, ove autorizzati, alle sei settimane del presente decreto.

Le sei nuove settimane sono riconosciute ai datori di lavoro che hanno già ottenuto l’ulteriore periodo di cassa di nove settimane previsto dal decreto ‘Agosto’ e ai datori di lavoro appartenenti alle categorie interessate dal Dpcm del 24 ottobre 2020 che ha disposto la chiusura o limitazioni delle attività economiche e produttive al fine di fronteggiare l’emergenza sanitaria in corso. I datori di lavoro che faranno richiesta delle nuove sei settimane di cassa integrazione ‘Covid-19’ dovranno versare un contributo addizionale che è determinato sulla base del raffronto tra il fatturato aziendale del primo semestre 2020 e quello del corrispondente semestre del 2019. Il contributo è pari:

  • al 9% della retribuzione globale che sarebbe spettata al lavoratore per le ore di lavoro non prestate durante la sospensione o riduzione dell’attività lavorativa, per i datori di lavoro che hanno avuto una riduzione del fatturato inferiore al 20%;
  • al 18% della retribuzione globale che sarebbe spettata al lavoratore per le ore di lavoro non prestate durante la sospensione o riduzione dell’attività lavorativa, per i datori di lavoro che non hanno avuto alcuna riduzione del fatturato.

Non tutti i datori di lavoro sono tenuti al pagamento del contributo addizionale. Sono esclusi, ad esempio, i datori di lavoro che hanno subìto una riduzione del fatturato pari o superiore al 20%, i datori di lavoro che hanno avviato l’attività d’impresa successivamente al 1°gennaio 2019 e i datori di lavoro appartenenti ai settori che devono sottostare alle nuove restrizioni del Dpcm del 24 ottobre scorso.

Per accedere alle sei settimane di Cassa ‘Covid-19’ i datori interessati devono presentare domanda all’Inps in cui autocertificano la riduzione di fatturato. L’Inps autorizza i trattamenti di cassa integrazione e, sulla base dell’autocertificazione fornita, individua l’aliquota del contributo addizionale che il datore di lavoro è tenuto a versare a partire dal periodo di paga successivo al provvedimento di concessione dell’integrazione salariale. In mancanza dell’autocertificazione si applica l’aliquota del 18%.

Le domande di accesso alle sei settimane di cassa ‘Covid-19’ del decreto Ristori devono essere inoltrate all’Istituto nazionale di previdenza entro la fine del mese successivo a quello in cui ha avuto inizio il periodo di sospensione o di riduzione dell’attività lavorativa. In fase di prima applicazione il termine di decadenza è fissato entro la fine del mese successivo a quello di entrata in vigore del presente decreto, ossia entro il mese di novembre 2020.

Fino al 31 gennaio 2021 resta precluso l’avvio: delle procedure di mobilità, dei criteri di scelta dei lavoratori da collocare in mobilità e le misure in materia di riduzione del personale. Restano parimenti sospese le procedure pendenti avviate successivamente alla data del 23 febbraio 2020, fatte salve le ipotesi in cui il personale interessato dal recesso, già impiegato nell’appalto, sia riassunto a seguito di subentro di nuovo appaltatore.

Sempre fino al 31 gennaio 2021 resta preclusa al datore di lavoro, indipendentemente dal numero dei dipendenti, la facoltà di recedere dal contratto per giustificato motivo oggettivo e restano sospese le procedure in corso per il tentativo di conciliazione presso l’Ufficio provinciale del lavoro.
Le preclusioni e le sospensioni viste non trovano applicazione nelle ipotesi di licenziamenti motivati dalla cessazione definitiva dell’attività dell’impresa, conseguenti alla messa in liquidazione della società senza continuazione, anche parziale, dell’attività, nei casi in cui nel corso della liquidazione non si configuri la cessione di un complesso di beni od attività che possano delineare un trasferimento d’azienda o di un ramo di essa, o nelle ipotesi di accordo collettivo aziendale, stipulato dalle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative a livello nazionale, di incentivo alla risoluzione del rapporto di lavoro, limitatamente ai lavoratori che aderiscono al predetto accordo. A detti lavoratori è comunque riconosciuta la Naspi. Sono altresì esclusi dal divieto i licenziamenti intimati in caso di fallimento, quando non sia previsto l’esercizio provvisorio dell’impresa, ovvero ne sia disposta la cessazione.

Al fine di fronteggiare l’emergenza epidemiologica da Covid-19 ai datori di lavoro privati, con esclusione del settore agricolo, che non richiedono la concessione dei trattamenti di Cassa integrazione ordinaria, Assegno ordinario e Cassa integrazione in deroga è riconosciuto, ferma restando l’aliquota di computo delle prestazioni pensionistiche, l’esonero dal versamento dei contributi previdenziali a loro carico per un ulteriore periodo massimo di quattro settimane, fruibili entro il 31 gennaio 2021, nei limiti delle ore di integrazione salariale già fruite nel mese di giugno 2020, con esclusione dei premi e dei contributi Inail, riparametrato e applicato su base mensile. I datori di lavoro privati che abbiano richiesto l’esonero dal versamento dei contributi previdenziali ai sensi dell’articolo 3 del decreto legge ‘Agosto’, possono rinunciare per la frazione di esonero richiesto e non goduto e contestualmente presentare domanda per accedere ai trattamenti di integrazione salariale disciplinati dal decreto Ristori.

Ugo Cacaci