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Definizione agevolata dei giudizi tributari: impossibile ottenere la restituzione degli importi corrisposti dal terzo pignorato



19 giugno 2023 – Ore 19:00

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Con la risposta n. 349/2023 l’Agenzia delle Entrate soddisfa un quesito formulato da un soggetto in merito alla definizione agevolata dei giudizi tributari. 

L’istante ha ricevuto un avviso di accertamento in merito all’anno d’imposta 2006 che ha provveduto ad impugnare. In primo grado i giudici gli hanno dato ragione ma i colleghi d’appello hanno accolto il ricorso presentato dalle Entrate. 

In attesa del pronunciamento da parte della Corte di cassazione, l’Ader ha richiesto il pagamento delle somme dovute in esecuzione della sentenza dei giudici tributari d’appello. Sempre l’Ader ha notificato un atto di pignoramento presso terzi ovvero presso la banca dell’istante, ottenendo il versamento integrale delle somme iscritte a ruolo, nonostante l’interessato non lo avesse autorizzato.  

La definizione agevolata dei giudizi tributari si perfeziona con la presentazione di una domanda e il pagamento di un importo che tiene conto del valore della controversia. Importo differenziato in relazione allo stato e al grado in cui pende il giudizio da definire. 

L’Agenzia delle Entrate chiarisce che dagli importi dovuti per la definizione agevolata si scomputano quelli già versati. La definizione, in ogni caso, non dà luogo alla restituzione degli importi già versati, ancorché eccedenti rispetto a quanto dovuto. 

In merito alle somme scomputabili, la circolare n. 6/E/2019 precisa che ‘possono essere scomputati tutti gli importi di spettanza dell’Agenzia delle Entrate pagati, in particolare, a titolo provvisorio per tributi, sanzioni amministrative, interessi, sempre che siano ancora in contestazione nella lite che si intende definire’. 

Pertanto, lo scomputo si intende comprensivo di tutti gli importi pagati – di spettanza dell’ente creditizio ed ancora in contestazione – ancorché il pagamento non sia stato eseguito direttamente da debitore o per suo conto e, conseguentemente, anche delle somme versate dal terzo pignorato, come nel caso di specie.

Il pagamento eseguito dal terzo pignorato, quindi, non preclude la possibilità di definire la controversia ma ne esclude il rimborso, ancorché si tratti di importi eccedenti rispetto a quanto dovuto per la definizione stessa.

A nulla rileva, inoltre, la circostanza che il pagamento sia stato eseguito dal terzo contro la volontà dello stesso istante, non assumendo alcuna rilevanza la mera ‘opposizione verbale’.

Il decreto legislativo 31 dicembre 1992 n. 546 all’articolo 62-bis, comma 1, dispone però che ‘la parte che ha proposto ricorso per cassazione può chiedere alla commissione che ha pronunciato la sentenza impugnata di sospenderne in tutto o in parte l’esecutività allo scopo di evitare un danno grave e irreparabile. Il contribuente può comunque chiedere la sospensione dell’esecuzione del’atto se da questa può derivargli un danno grave e irreparabile’.

Dalle informazioni rese dal soggetto istante, tuttavia, non emerge un provvedimento di sospensione giudiziale con riferimento alla sentenza d’appello sfavorevole impugnata innanzi ai giudici di legittimità. 

Alla luce di ciò l’Agenzia delle Entrate non condivide la tesi dell’istante secondo il quale lo scomputo  delle somme versate debba intendersi limitato agli importi pagati dal debitore, con esclusione dei terzi. Pertanto, è impossibile per il soggetto istante ottenere la restituzione degli importi corrisposti dal terzo pignorato.