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G20: intesa sulla minimum tax globale – Lavori in corso sulla tassazione delle grandi multinazionali e sulla carbon tax – Task force sui vaccini



11 luglio 2021 Ore 23:00
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È un successo politico che avrà ancora bisogno di un intenso lavoro tecnico, quello conseguito dalla presidenza italiana di turno al summit del G20 di Venezia. Il comunicato finale definisce addirittura ‘storica’ l’intesa sulla minimum tax globale del 15% e sulla riallocazione dei profitti per le multinazionali.

Le nuove norme contro paradisi e dumping fiscali potrebbero entrare in vigore nel 2023 ma occorre ancora lavorare e convincere i sette paesi riottosi di cui tre europei: Irlanda, Estonia e Ungheria.

Il ministro dell’Economia, Daniele Franco, nel corso della conferenza stampa finale, sottolinea che già 132 Paesi su 139 hanno espresso il proprio accordo sulla cooperazione fiscale. Parliamo – ha detto il responsabile di via XX Settembre – di circa il 90% del Pil mondiale.

Franco ha espresso la speranza che i Paesi riluttanti cambino parere per il G20 di ottobre quando all’accordo politico dovranno seguire i dettagli tecnici. Non sarà facile. L’Irlanda, ad esempio, ha basato la propria economia proprio sulla concorrenza fiscale richiamando le grandi multinazionali attraverso un’imposizione fiscale agevolata. Il tempo, tuttavia, è cambiato. Da un sistema concorrenziale fin qui prevalente si sta passando ad una cooperazione fiscale, a regole più eque e coordinate per la concorrenza globale. Questo dovrebbe servire a superare le resistenze oggi presenti.

Il documento di chiusura del summit rimanda al meccanismo concordato in sede Ocse che prevede un sistema articolato su due pilastri. Il primo concernente le multinazionali del web e analogiche, con un fatturato superiore a 20 miliardi di euro i cui profitti, qualora superino il 10% dei ricavi, saranno in parte tassati nei Paesi in cui producono fatturato. Il secondo pilastro è rappresentato dalla tassazione globale delle multinazionali, quelle con un fatturato superiore ai 750 milioni di euro i cui profitti saranno tassati, come detto, con un’aliquota minima del 15%.

Significa che i Paesi oggi più ‘attraenti’ che applicano un prelievo minore, ad esempio l’Irlanda con il suo 12,5%, dovranno retrocedere la differenza, ossia nel Paese del trifoglio il 2,5% agli Stati dove la multinazionale vende beni e servizi.

Lo scopo di queste nuove regole è quello di avere un fisco più equo con la riduzione della convenienza per le multinazionali di spostare i propri profitti nei paradisi fiscali. La misura eviterebbe la corsa al ribasso delle aliquote per attrarre gli investimenti.

Le stime Ocse dicono che l’accordo sulla minimum tax globale dovrebbe generare un gettito pari a 150 miliardi di euro di cui la quota italiana dovrebbe aggirarsi sui 3,7 miliardi. Naturalmente occorrerà attendere il prossimo G20 di ottobre per gli ultimi passaggi e per la rifinitura tecnica necessaria per l’applicazione della tassa.

Riguarda di fatto un centinaio di imprese la tassazione delle grandi multinazionali con un fatturato superiore a 20 miliardi i cui profitti, se superano il 10% dei ricavi, saranno in parte tassati nei Paesi in cui operano. Ridisegnare la geografia della competenza sulla tassazione dei profitti delle grandi multinazionali è, tuttavia, un’operazione ben più complessa. Il nuovo schema punta a redistribuire una quota tra il 20 e il 30% della redditività superiore al 10% del fatturato. L’obiettivo è riavvicinare, almeno in parte, la tassazione nei luoghi in cui i profitti vengono realizzati.

La digital tax se venisse approvata fornirebbe le risorse per rimborsare le emissioni del Recovery Fund. C’è ancora molto da fare, occorre vincere le resistenze dell’amministrazione Biden che vuole evitare doppi contraccolpi negativi, mondiali ed europei, per le grandi imprese americane. A tal fine il commissario agli Affari economici, Paolo Gentiloni ha rassicurato che la nuova imposta digitale europea non sarebbe discriminatoria e comunque eviterebbe qualsiasi doppia imposizione.

I ministri dell’Economia e i banchieri centrali al G20 hanno discusso anche di contrasto all’inquinamento e al cambiamento climatico e di lotta alla pandemia. Sul primo fronte c’è consenso sull’uso di meccanismi di fissazione del prezzo delle emissioni di CO2 e incentivi a ridurre le stesse. La Francia fa pressione affinché si faccia pagare un prezzo a chi inquina. Secondo il ministro dell’Economia transalpino, Bruno Lemaire ‘c’è bisogno di introdurre un prezzo equo ed efficiente delle emissioni di anidride carbonica. In un mondo ideale, il prezzo dovrebbe essere uguale per tutti, ma ci sono differenze politiche su questo obiettivo. Stabilire una soglia minima va in questa direzione’. Il carbon pricing – ha aggiunto Lemaire – funziona ma se viene applicato solo nella Ue crea una disparità insostenibile. Gli Stati Uniti insistono, invece, su incentivi e sussidi a favore dei Paesi che si impegnano a ridurre l’inquinamento.

Il prossimo 14 luglio la Commissione europea presenterà un pacchetto di proposte sul clima che contiene la carbon tax, dalla quale la Ue potrebbe ricavare circa 10 miliardi di euro all’anno di gettito. Il Fondo monetario internazionale propone un prezzo minimo delle emissioni di anidride carbonica a 75 dollari a tonnellata di CO2 prodotta entro il 2030. Oggi il prezzo medio globale è solo di 3 dollari a tonnellata.

Sul fronte della lotta al Covid-19 la novità è rappresentata dalla costituzione di una task force tra Banca mondiale, Organizzazione mondiale della sanità, Fmi e Wto per i vaccini, le terapie e diagnosi nei Paesi in via di sviluppo. Ciò, per superare la situazione che vede Paesi avanzati con la maggioranza della popolazione che ha ricevuto almeno una dose di vaccino e Paesi poveri dove le percentuali sono molto basse. La cooperazione sarà anche utile per il post-pandemia. Il G20 ha confermato il pericolo di un ‘abbandono prematuro’ delle misure di sostegno alle economie evidenziando anche la presenza delle varianti che stanno facendo risalire i contagi. Per il governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco ‘le vaccinazioni sono importanti ma la transizione lo è di più’. Una transizione verso una nuova normalità – dice Visco – tutta da imparare facendo perché non esistono regole di gestione delle ‘cicatrici del Covid che avranno un impatto sui consumi e sulle nostre abitudini’.

Ugo Cacaci

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