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La cessione dei crediti d’imposta per i bonus del piano Transizione 4.0 – Dal maxi-scostamento di bilancio i fondi per la copertura



02 maggio 2021 – ore: 22:30
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Tra gli emendamenti al decreto Sostegni potrebbe materializzarsi la cessione dei crediti d’imposta per i bonus del piano Transizione 4.0.
Le pressioni del Movimento 5 Stelle sembrerebbero aver convinto il Governo ad autorizzare le imprese ammesse ai crediti d’imposta per l’acquisto di beni strumentali nuovi, materiali e immateriali, funzionali alla trasformazione tecnologica e digitale dei processi produttivi, ad optare tra l’utilizzo diretto o la cessione del credito a terzi, incluse banche ed intermediari finanziari.

L’emendamento firmato dal grillino Mario Turco potrebbe ottenere il via libera già lunedì dalle commissioni Bilancio e Finanze. Il Movimento è determinato ad estendere il meccanismo della cessione, anche parziale, dei crediti d’imposta di Transizione 4.0 e, se questo non dovesse avvenire ora, la misura sarà di nuovo presentata all’interno del decreto Sostegni-bis previsto per i primi di maggio.

Aprire la piattaforma per la cessione dei crediti d’imposta anche ai bonus del piano Transizione 4.0 potrebbe costituire per le imprese un’opportunità rilevante.
Per il Piano, che costituisce il primo mattone sul quale si fonda il Recovery Fund italiano, il Governo ha stanziato un investimento di circa 24 miliardi di euro con lo scopo di stimolare gli investimenti privati e di dare stabilità e certezze alle imprese con misure che hanno effetto da novembre 2020 a giugno 2023. Tuttavia, le coperture degli incentivi fiscali di Transizione 4.0 garantite dal Piano nazionale di ripresa e resilienza sono decisamente inferiori a quanto previsto dalle prime bozze del Piano del governo Conte bis e dalla legge di Bilancio. È stata Bruxelles a sollecitare l’Italia a rivedere il capitolo Transizione 4.0 del Pnrr.

La Commissione europea ci ha invitato a concentrare le agevolazioni sugli investimenti in beni a vero contenuto innovativo e digitale, stralciando la parte concernente i beni strumentali tradizionali. L’Esecutivo avrebbe così deciso di intervenire con circa 13,5 miliardi attingendo dal maxi-scostamento di bilancio di 40 miliardi. Una quota di questi 13,5 miliardi, pari a 8,4, serviranno proprio a coprire i beni strumentali materiali (ex super). Il restante importo di 5,1 miliardi andrà a coprire gli incentivi sui beni digitali che la legge n. 178 del 30 dicembre 2020 aveva legato al Pnrr, trasmesso recentemente in versione definitiva alla Commissione europea.

Il Piano, come è noto, si inserisce all’interno del programma Next Generation Eu, il pacchetto da 750 miliardi di euro concordato dall’Unione Europea in risposta alla crisi scatenata dalla pandemia.

Quello italiano prevede investimenti pari a 191,5 miliardi di euro ai quali si sommano ulteriori 30,6 miliardi di un Fondo complementare, finanziato attraverso lo scostamento pluriennale di bilancio approvato dal Consiglio dei ministri lo scorso 15 aprile. Il totale degli investimenti previsti ammonta a 222,1 miliardi di euro. Nel Piano trovano posto le riforme della Pubblica amministrazione, della giustizia, della semplificazione normativa e della concorrenza.
Tra i principali beneficiari troviamo il Sud, le donne e i giovani. Favorire l’inclusione sociale e ridurre i divari territoriali sono tra gli obiettivi del Piano che dedica il 27% delle risorse alla digitalizzazione, il 40% agli investimenti green e più del 10% alla coesione sociale.

Ugo Cacaci