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Superbonus – errore nella comunicazione del codice fiscale del condominio – sanzioni alla compensazione del credito



16 giugno 2023 – Ore 19:20

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L’errata indicazione del codice fiscale del condominio costituisce un errore sostanziale che comporta la perdita del credito d’imposta relativo al Superbonus e la necessità di riversare quanto compensato con il ravvedimento operoso.

È quanto sostenuto, in sintesi, dall’Agenzia delle Entrate nella risposta a istanza di interpello n. 348/2023.

L’istante riferisce di aver utilizzato in compensazione la quota annuale del credito derivante dallo sconto in fattura ricevuto in luogo del saldo dei compensi per i lavori trainanti e trainati rientranti nel Superbonus effettuati sul condominio. 

Successivamente l’Agenzia delle Entrate lo informava di aver annullato l’istanza di opzione esercitata avendo rilevato un errore di compilazione delle fatture di vendita. Le stesse riportavano un errato codice fiscale del condominio. Tale errore si era ripetuto nella comunicazione di cessione del credito esercitata dal soggetto istante. 

Considerata la buona fede l’Agenzia ha ritenuto opportuno annullare le comunicazioni per l’esercizio dell’opzione relative al primo stato di avanzamento lavori.

Con l’interpello l’istante ha chiesto di chiarire se il credito da riversare rientra nella definizione di ‘credito non spettante’ o in quella di ‘credito inesistente’ poiché da questo dipende l’entità della sanzione ai fini del ravvedimento operoso. 

Per credito inesistente l’Amministrazione finanziaria intende il credito in relazione al quale manca, in tutto o in parte, il presupposto costitutivo. L’inesistenza, inoltre, non deve essere riscontrabile mediante controlli. Per considerare inesistente il credito deve mancare il presupposto costitutivo e l’inesistenza non deve derivare da controlli automatizzati o formali. Se manca uno di questi requisiti il credito deve ritenersi non spettante. 

In poche parole, per qualificare un credito come inesistente occorre che lo stesso sia legato ad una situazione non reale o non vera, non rilevabile attraverso l’attività di controllo automatizzato o formale. Affinché il credito non sia spettante è necessario, invece, che la non sussistenza dei presupposti costitutivi del credito sia intercettabile in sede di controllo automatizzato o formale. 

Nel caso analizzato l’istante chiede che la sanzione da applicare sia quella del credito ‘non spettante’ o quella del credito ‘inesistente’. 

Come anticipato, l’errata indicazione del codice fiscale, sia nelle fatture emesse che nelle comunicazioni inviate, rappresenta un errore sostanziale, che ha reso necessaria la ‘correzione’ dell’operazione ab origine e il riversamento del credito indebitamente utilizzato, in quanto sorto da una comunicazione successivamente annullata. 

L’istante ha provveduto a rettificare l’operazione attraverso lo storno e la sostituzione delle fatture originarie. Inoltre ha provveduto ad emettere una nuova comunicazione di sconto in fattura per le spese sostenute nel 2022. Questo ha prodotto una rigenerazione del credito.

Benché la nuova comunicazione richiami le spese sostenute nel 2022 e, dunque, lo sconto concesso all’atto dell’emissione delle fatture datate 9 dicembre 2022, è chiaro come l’intervento fatturato resti lo stesso. Conseguentemente, il credito in parola può dirsi ‘reale’, per quanto correttamente maturato solo a seguito dell’accettazione della comunicazione della nuova opzione di sconto e, dunque, ‘non spettante’ al momento della compensazione eseguita a febbraio 2022. 

La sanzione applicabile al caso di specie è quella disposta dall’art. 13, comma 4, del decreto legislativo n. 471/1997, ovvero quella che punisce l’utilizzo di un credito d’imposta esistente in violazione delle modalità di utilizzo previste dalle leggi vigenti. La sanzione resta ravvedibile e, fino al 30 settembre prossimo, sanabile con l’istituto del ravvedimento speciale.