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Trattamento fiscale dei buoni pasto erogabili anche ai dipendenti in smart working



L’Agenzia delle Entrate, con la risposta n. 123 all’istanza di interpello di un ente bilaterale, chiarisce il corretto trattamento fiscale cui sottoporre il servizio sostitutivo di mensa mediante buoni pasto, erogato in favore dei propri lavoratori agili.

L’esigenza di contenere la malattia pandemica da Covid-19 e di impedire la diffusione del virus all’interno dei locali aziendali ha spinto l’ente bilaterale ad utilizzare la nuova modalità di lavoro per i propri dipendenti.

La società istante chiede se l’erogazione del servizio sostitutivo della somministrazione di vitto non concorra alla formazione del reddito di lavoro dipendente e se, in qualità di sostituto d’imposta, non sia tenuta ad operare la ritenuta a titolo d’acconto Irpef sul valore del servizio sostitutivo di mensa mediante buoni pasto erogato ai propri dipendenti che prestano attività in modalità smart-working.

L’ente ritiene che, indipendentemente dalle modalità di svolgimento della prestazione lavorativa (in presenza o in smart working), ai fini delle imposte dirette, i buoni pasto rientrino tra i servizi sostitutivi di mensa, parzialmente esenti dalla formazione del reddito di lavoro dipendente ai sensi dell’articolo 51, comma 2, lettera c), del Tuir.

L’Amministrazione finanziaria articola il suo parere partendo proprio dall’articolo 51 testé richiamato. La norma prevede che non concorrono alla formazione del reddito del lavoratore dipendente ‘le somministrazioni di vitto da parte del datore di lavoro nonché quelle in mense organizzate dal datore di lavoro o gestite da terzi; le prestazioni sostitutive delle somministrazioni di vitto fino all’importo complessivo giornaliero di euro 4, aumentato a euro 8 nel caso in cui le stesse siano rese in forma elettronica; le indennità sostitutive delle somministrazioni di vitto corrisposte agli addetti ai cantieri edili, ad altre strutture lavorative a carattere temporaneo o ad unità produttive ubicate in zone dove manchino strutture o servizi di ristorazione fino all’importo complessivo giornaliero di euro 5,29’.

Ratio della misura è detassare le erogazioni ai dipendenti necessarie per provvedere alle esigenze alimentari del personale durante l’orario di lavoro.
La prestazione di servizi sostitutivi di mensa, sotto forma di buoni pasto, ha rilevanza reddituale. L’articolo 4 del decreto del Ministero dello Sviluppo economico 7 giugno 2017 n. 122 prevede che ‘ i buoni pasto:

  1. consentono al titolare di ricevere un servizio sostitutivo di mensa di importo pari al valore facciale del buono pasto;
  2. consentono all’esercizio convenzionato di provare documentalmente l’avvenuta prestazione nei confronti delle società di emissione;
  3. sono utilizzati esclusivamente dai prestatori di lavoro subordinato, a tempo pieno o parziale, anche qualora l’orario di lavoro non preveda una pausa per il pasto, nonché dai soggetti che hanno instaurato con il cliente un rapporto di collaborazione anche non subordinato;
  4. non sono cedibili, né cumulabili oltre il limite di otto buoni, né commercializzabili o convertibili in denaro e sono utilizzabili solo dal titolare;
  5. sono utilizzabili esclusivamente per l’intero valore facciale’.

Analogamente a quanto sostenuto nella risoluzione n. 118/E/2006 il buono pasto può essere corrisposto dal datore di lavoro a favore di dipendenti assunti a tempo pieno e/o parziale e anche nel caso in cui l’articolazione dell’orario di lavoro non preveda una pausa per il pranzo. Tale previsione tiene conto del fatto che la realtà lavorativa è sempre più caratterizzata da forme di lavoro flessibili.

L’Agenzia, inoltre, ritiene che l’articolo 4 del Dm. n. 122/2017, pur non avendo natura tributaria, assuma rilevanza anche ai fini fiscali dal momento che fa riferimento alle prestazioni sostitutive del servizio di mensa, considerate esenti dall’articolo 51, comma 2, lettera c) del Tuir.

In assenza di disposizioni che limitano l’erogazione dei buoni pasto ai dipendenti da parte del datore di lavoro, l’Agenzia ritiene che per tali prestazioni possa trovare applicazione il regime di parziale imponibilità, indipendentemente dall’articolazione dell’orario di lavoro e dalle modalità di svolgimento dell’attività stessa.

Dunque, la società che riconosce buoni pasto ai lavoratori in smart working non è tenuta ad operare la ritenuta a titolo di acconto Irpef sul valore dei ticket (fino a 4 euro se cartacei o fino a 8 euro se elettronici) in quanto gli stessi non concorrono alla formazione del reddito di lavoro dipendente.

Ugo Cacaci