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Cancellato l’abuso d’ufficio è escluso il diritto alla prova dell’innocenza

Il giudice che pronuncia una sentenza di proscioglimento alla luce dell’abolizione del reato di abuso d’ufficio non è tenuto ad attivarsi per cercare la prova certa che il fatto non è stato commesso o che non è attribuibile all’imputato. A meno che l’innocenza non sia evidente anche senza approfondimenti. Elemento, quest’ultimo, che manca nel caso di condanna in primo grado per il reato oramai cancellato dal Codice penale. Basandosi su questo principio, la Suprema corte, con la sentenza n. 29184/2025, ha respinto il ricorso di un magistrato amministrativo che, avendo in corso anche un procedimento disciplinare, rivendicava il suo diritto al proscioglimento non solo perché ‘il fatto non è più previsto dalla legge come reato’, ma con le più favorevoli formule ‘perché il fatto non sussiste o l’imputato non lo ha commesso’. Una piena assoluzione nel merito, in grado di pesare in positivo sul procedimento disciplinare nel quale, diversamente che in sede penale, la responsabilità può essere verificata. 


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