Rassegna Fiscale

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La presunzione semplice si basa su indizi gravi, precisi e concordanti

Con l’ordinanza n. 27745 depositata ieri la Corte di cassazione ha stabilito che nelle operazioni ritenute soggettivamente inesistenti, la contestazione dell’assenza di buona fede da parte dell’acquirente non può basarsi su semplici indizi altrimenti si rischia che gli imprenditori non svolgano i propri affari, per il timore di partecipare ad una possibile frode fiscale con danno per il commercio e l’economia. Le difficoltà finanziarie del fornitore non sono indice sufficiente per recuperare l’Iva su fatture soggettivamente inesistenti: gli imprenditori, infatti, devono svolgere serenamente i propri affari senza temere di trovarsi coinvolti in una possibile frode. Nel caso analizzato dai giudici di legittimità l’Agenzia delle Entrate aveva recuperato a una società l’Iva detratta su alcune fatture perché ritenute relative ad operazioni soggettivamente inesistenti. Il provvedimento veniva impugnato davanti al giudice tributario. Entrambi i gradi confermavano l’illegittimità della pretesa perché fondata su indizi scarsamente significativi.


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