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La liquidazione non aspetta la chiusura di tutti i processi

Il nuovo Codice della crisi d’impresa conferma la regola secondo la quale, nell’ipotesi di compiuta ripartizione dell’attivo, la chiusura della procedura non è impedita dalla pendenza di uno o più giudizi, di qualunque natura che vedano coinvolto il curatore come attore o come convenuto. Nella originaria legge fallimentare la durata del fallimento era vincolata a quella dei giudizi nei quali fosse presente il curatore; solo nel 2015 questo vincolo è venuto meno. La durata dei fallimenti non dipende più da quella dei giudizi promossi dal curatore o nei suoi confronti; il fallimento può dunque chiudersi anche quanto i giudizi sono in corso, senza attenderne l’esito. L’articolo 234 del Codice della crisi ribadisce tale previsione. Ciò significa che anche la liquidazione giudiziale potrà chiudersi, una volta compiuta la ripartizione finale dell’attivo, indipendentemente dalla possibilità che i giudizi in corso possano consentire il recupero di ulteriore attivo da ripartire o dal fatto che dai giudizi in corso possa derivare l’incremento del passivo.


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